Sovralimentazione, compressione dell'aria

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macchia
view post Posted on 13/6/2009, 11:44




LA SOVRALIMENTAZIONE
La quantità massima d'aria, che un motore atmosferico di una determinata cubatura è capace di aspirare ad ogni ciclo, è fissa. Di conseguenza anche la potenza massima ottenibile, nonostante tutti gli accorgimenti possibili in tema di accensione e riempimento, è fissa. Torna il paragone con l'essere umano (perdonatemi...): ci si può allenare all'infinito, ottenere muscoli stratosferici, ma a causa del valore (definito) dalla propria capacità polmonare, non si potranno mai superare determinati limiti prestazionali. In meccanica però, c'è la possibilità, con la pratica della sovralimentazione, di aumentare la quantità di aria che il motore è in grado di aspirare e, di conseguenza, la potenza erogabile. In tema di respirazione, quindi, la differenza tra Uomo e macchina consiste nell'impossibilità del primo di essere "sovralimentato" (a meno di non ricorrere a deprecabili rimedi chimici, che non ci riguardano...)

Per molti, il vocabolo "sovralimentazione" è sinonimo di turbocompressore o, al massimo, di compressore volumetrico. In realtà, per "sovralimentazione" s'intende qualsiasi sistema atto ad aumentare la potenza del motore tramite l'immissione nella camera di combustione una quantità di ossigeno (e di combustibile) maggiore rispetto a quanto il motore non ne aspirerebbe "naturalmente".
Si potrebbero, a tal punto distinguere tre tipi di sovralimentazione:
-> la "sovralimentazione dinamica", ottenuta tramite la particolare progettazione dei collettori d'aspirazione, capaci di sfruttare al meglio l'inerzia della colonna d'aria nei condotti;
-> la "sovralimentazione meccanica", ottenuta attraverso la compressione dell'aria all'interno del collettore d'aspirazione;
-> la "sovralimentazione chimica" ottenuta attraverso la miscela dell'aria d'aspirazione con opportune sostanze chimiche.

LA SOVRALIMENTAZIONE DINAMICA
Fumare fa male, ma questa volta sono costretto a chiedervi di prendere una sigaretta. Accendetela (non fumatela, però...) in una stanza priva di correnti d'aria. Noterete che il denso fumo di tabacco misto a nicotina salirà verso l'alto in una colonna quasi verticale. I più attenti noteranno che, a partire da da una determinata altezza, la colonna sarà interessata da una serie di piccole turbolenze che pian piano diffonderanno il fumo in tutto l'ambiente circostante. Per praticità, questa seconda fase lasciatela perdere... a noi interessa il tragitto in cui la colonna di gas sale compatta e perfettamente verticale. Bene. Soffiate con moltissima delicatezza verso quest'ultima per un breve istante: noterete che con un po' di riluttanza il fumo prenderà la direzione della corrente d'aria, la manterrà per qualche secondo (anche quando avrete smesso di soffiare e la corrente sarà cessata), per poi, altrettanto lentamente, riprendere la direzione verticale, salendo placidamente.
Il ritardo con cui il fumo si adegua alle forze cui è sottoposto si chiama "inerzia". Avete avuto il primo contatto ("cosciente") con la "prima legge" di Newton. Certo, l'esperimento era un po' infantile (e pure un po' semplicistico, a voler essere pignoli) ma era il più veloce e meno faticoso: avrei potuto chiedervi di provare a spingere la vostra auto, facendovi saggiare come fosse faticoso impartirle una certa quantità di moto... ma non mi sembrava carino. La prima legge di Newton è detta anche "principio d'inerzia" e, in breve, sancisce la tendenza di un corpo dotato di massa a permanere nel suo stato di quiete o di moto uniforme (fin quando non è sollecitato da forze esterne). Il fumo della sigaretta, come qualsiasi altro gas ed ogni oggetto del Creato (tranne, forse, alcune particelle subatomiche come i neutrini) è dotato di massa e, in quanto tale, è soggetto al principio d'inerzia.
Pieno di gas (di aria) è anche il collettore di aspirazione di qualsiasi propulsore a combustione interna. Nella fase d'aspirazione cosa accade? Succede che il movimento verso il basso del pistone provoca una diminuzione di pressione a valle del collettore stesso. La colonna d'aria che riempie il condotto dovrebbe, idealmente, mettersi immediatamente in movimento verso la zona a bassa pressione (ossia la camera di combustione) per arrestarsi appena il pistone inizi la sua corsa verso l'alto, verso la compressione. Purtroppo c'è l'inerzia e le cose non vanno come dovrebbero: la colonna d'aria inizia a muoversi con un certo ritardo e si arresta con altrettanta lentezza, ovvero dopo che il pistone ha già iniziato la risalita. Ma non finisce qui. Infatti nella colonna in movimento si creano dei fenomeni pulsatori, delle vere onde di pressione. L'inerzia dei gas e i relativi fenomeni di risonanza, possono essere opportunamente sfruttati, regolando la lunghezza del collettore e la fasatura dell'aspirazione in modo tale che, la chiusura della valvola (o delle valvole...) avvenga molto dopo il punto morto inferiore e coincidendo con l'istante in cui l'onda di pressione viaggia in direzione - ed è in prossimità - della valvola stessa. Così, poco prima dell'inizio della fase di compressione, entra nel cilindro una quantità supplementare di aria, compressa per mezzo dei fenomeni pulsatori creatisi all'interno del collettore, migliorando il rendimento volumetrico sino a renderlo maggiore di 1, il che significa effettuare una vera e propria sovralimentazione.
Chiaramente, se la lunghezza del condotto di aspirazione e la fasatura sono fisse, questo fenomeno (detto anche "effetto RAM"), si avrà solo ad un determinato regime di rotazione. Per renderne disponibili i vantaggi in un campo d'utilizzazione più ampio si utilizzano sistemi di variazione della fasatura e della lunghezza dei condotti di aspirazione. E' bene precisare che, nella maggioranza dei casi, l'uso di tali tecniche non è finalizzato ad ottenere il massimo effetto RAM (ossia la sovralimentazione dinamica), bensì al miglioramento dell'elasticità dei propulsori stessi, incrementandone la coppia disponibile ai bassi regimi senza penalizzare la potenza e la regolarità ad elevato numero di giri.

LA SOVRALIMENTAZIONE MECCANICA
Questo tipo di sovralimentazione è ottenuta attraverso la compressione dei gas in aspirazione. E' lapalissiano che, per comprimere, ci voglia un "compressore". Attualmente ci sono due tipi di compressori per uso automobilistico:
-> il turbocompressore, che sfrutta l'energia dei gas di scarico;
-> il compressore volumetrico, che sfrutta una parte della potenza erogata dal motore;
-> un terzo tipo di compressore, praticamente non utilizzato, è il sistema "Comprex".

Turbocompressore - E' il tipo più diffuso di sovralimentazione meccanica. E' essenzialmente composto da due chiocciole che racchiudono due giranti a palette, solidamente collegate tra loro tramite un alberino. La prima girante riceve il moto dai gas di scarico e lo trasmette alla seconda girante, la quale impartisce il moto alla colonna d'aria nel collettore d'aspirazione, comprimendola. A garantire il tutto da eventuali, eccessivi, picchi di pressione c'è una valvola, detta waste-gate, che prevede all'eliminazione dei gas in eccesso.
Il principale nemico della sovralimentazione mediante turbocompressore è, ed eccola che riappare, l'inerzia. Infatti, i gas di scarico prima di mettere in rotazione la girante devono vincere la l'inerzia di quest'ultima, che è in quiete. Nei motori a benzina, poi, in fase di rilascio, la turbina (pur se priva della spinta indotta dai gas combusti), a causa della propria inerzia, continua a girare velocemente causando un aumento di pressione indesiderato nel collettore di aspirazione - che in rilascio, lo ricordiamo, è chiuso dalla farfalla. Di conseguenza la waste-gate si apre sino al quasi completo arresto del compressore.
Sia il primo, sia il secondo dei casi elencati provocano - per mano dell'onnipresente inerzia - un fenomeno detto "turbo-lag", ovvero un ritardo di azionamento della turbina. Tale ritardo ha il "difetto" di essere avvertibile. Un motore turbo, infatti, dovendo sopportare pressioni superiori a quelle di un atmosferico, ha un rapporto di compressione più basso rispetto a quest'ultimo. Logicamente, quando la turbina non svolge la sua benefica azione "rinvigorente" (ad esempio, al disotto dei 2500/3000 rpm), il nostro propulsore turbo funziona come un'aspirato con ridotto rapporto di compressione. In altre parole è praticamente "addormentato", spuntando prestazioni inferiori alla media. Questo è uno dei motivi per cui il turbocompressore è diventato di gran moda sui motori Diesel, i quali possono permettersi rapporti di compressione più alti rispetto ai benzina e, comunque, offrono più coppia ai bassi regimi.
Tuttavia, sul fronte della turbocompressione, sui ciclo Otto, i costruttori hanno trovato soluzioni variegate. La prima è la via della riduzione delle dimensioni delle turbine, percorso intrapreso, ad esempio, da Lancia per la sovralimentazione "modulare" del prototipo ECV2 di fine anni '80 e da Maserati per le sue Biturbo, dotate di due piccole IHI. Riduzione delle dimensioni vuol dire anche riduzione della massa e quindi dell'inerzia. Un'altra soluzione è quella della sovralimentazione "soft" (tipica dei motori Saab), ossia utilizzata per migliorare il rendimento senza ottenere picchi di potenza elevatissimi: in questo modo si può evitare di ridurre eccessivamente il rapporto di compressione, conservando una certa elasticità del propulsore anche a turbina ferma.
Infine, per migliorare l'efficacia della turbina (inizialmente solo sui diesel, e attualmente anche su alcuni turbo a benzina) ci sono i sistemi a geometria variabile che, tramite apposite palette mobili - nelle ultime evoluzioni, a controllo elettronico - variano le dimensioni interne della chiocciola della turbina. In questo modo i gas, dovendo attraversare un condotto di minor sezione, acquistano velocità e permettono al compressore un più rapido raggiungimento del regime di rotazione ideale.

COMPRESSORE VOLUMETRICO
Per ridurre l'inerzia, tallone d'Achille del turbocompressore, è necessario che, ad impartire il moto al compressore, non sia una sostanza comprimibile (come i gas di scarico) ma qualcosa che permetta di trasmettere il movimento con immediatezza. Di fronte a questo problema, i pionieri dell'automobilismo inventarono un compressore che riceveva il moto direttamente dal propulsore, tramite un collegamento con l'albero motore ottenuto con cinghia o catena. Tale aggeggio prese il nome di compressore volumetrico ed è costituito da una scatola al cui interno, generalmente, ci sono due lobi il cui compito è quello di comprimere l'aria destinata all'aspirazione.
Grazie al rigido collegamento con il motore, il volumetrico entra in azione sin dai regimi più bassi, eliminando ovviamente il turbo lag e permettendo un notevole incremento della potenza e dell'elasticità di marcia. Anche in questo caso, non è tutto "rose e fiori": infatti, mentre il turbocompressore non assorbe potenza, in quanto sfrutta l'energia dei gas di scarico - che andrebbe altrimenti dispersa - il volumetrico, per assolvere alle funzioni per cui è installato, ruba una discreta quantità di potenza dal motore, quantificabile mediamente, in circa due cavalli (sufficienti a sovralimentare un propulsore di cilindrata vicina ai due litri).
Il volumetrico conobbe un periodo d'oro nelle competizioni fino alla prima metà del Secolo scorso. Riaffiorò tra la fine degli anni '70 ed i primi anni '80 quando la Fiat decise di mettere in produzione una serie di vetture equipaggiate con un propulsore sovralimentato in questo modo. Apripista fu la Fiat 131 Abarth Racing "volumetrico" (una denominazione improponibile...), cui seguirono la Pinifarina Spidereuropa "Volumex", le Lancia Rally 037, Beta coupè e HPE "Volumex" e, per ultime, le Fiat Argenta VX (SX in Italia) e Lancia Trevi "Volumex". Tutte montavano lo stesso motore: il bialbero sovralimentato di 1995cc, erogante 135 cv. Ultimamente il volumetrico è stato ripreso dalla Daimler-Chrysler per la serie Kompressor delle vetture Mercedes.
Come detto precedentemente, la maggior parte dei volumetrici utilizza due lobi per comprimere l'aria. Tuttavia esistono compressori che, in luogo dei lobi hanno viti, palette o profili a spirale. Il "G-lader", emblema delle Volkswagen sportive dei primissimi anni '90 (Polo 1.3 G40, Golf 1.8 G60, Corrado 1.8 G60 e Passat 1.8 G60), utilizzava, ad esempio, per comprimere l'aria, un elemento a chiocciola.
In tema di turbocompressore e di volumetrico, vale la pena dedicare due righe alla Lancia Delta S4, il cui quattro cilindri milleotto (esattamente 1759cc) erogava, nella versione "stradale", ben 250cv. Quest'unità utilizzava un sistema combinato in cui un volumetrico ed un turbocompressore operavano in serie: ai bassi regimi era attivo il volumetrico, la cui azione diminuiva all'aumentare dei giri - ed alla corrispondente entrata in funzione del turbocompressore - per poi essere completamente "by-passato" ad alto numero di giri.

Comprex - E siamo al terzo tipo di sovralimentazione meccanica. Il Comprex è un dispositivo messo a punto dall'azienda elettromeccanica tedesca Brown-Boveri a metà anni '80. Bisogna precisare, però, che gli studi e le prime applicazioni di tale tipo di sovralimentazione iniziarono oltre novanta anni fa, nel 1911.
Il Comprex unisce i vantaggi del volumetrico a quelli del turbo: ha un inerzia quasi nulla e l'aria d'aspirazione viene compressa dai gas di scarico. Cercare di descriverne in maniera esaustiva i principi di funzionamento, non è semplicissimo.
E' formato da un rotore di forma cilindrica che ha la prerogativa di essere cavo, ossia attraversato, lungo l'asse longitudinale, da una serie di canali. Il rotore, messo in movimento attraverso un collegamento con l'albero motore, gira all'interno di un cilindro più grande. Praticamente non assorbe potenza perché non compie alcun lavoro (ad esclusione della quantità trascurabile di energia necessaria alla sua stessa rotazione e al trascinamento delle colonne d'aria all'interno dei vari "tubicini").
Torniamo alla nostra istantanea: le due masse d'aria (quella fresca e quella calda) viaggiano entrambe verso il Comprex. Attraverso una luce nel collettore, la colonna d'aria fresca a monte del dispositivo entra in uno dei tanti condotti dello stesso. Trasportata dal rotore, la massa d'aria fresca compie un determinato arco di circonferenza. Al termine del percorso, tramite una seconda luce, i gas di scarico - caldi e, quindi, in espansione - entrano con veemenza nella stessa camera in cui è presente l'aria fresca. L'ingresso violento dei gas caldi genera onde di pressione. Intanto il rotore compie un altro arco e il nostro condotto giunge in corrispondenza di una terza luce, attraverso la quale l'aria d'aspirazione (a causa dei moti pulsatori cui è sottoposta per azione dei gas di scarico), viene letteralmente "sparata" nel collettore e di qui nel cilindro. Nel frattempo, il "tubicino" è rimasto pieno dei soli gas combusti e, dopo un ulteriore arco di cerchio, giunge ad una quarta luce che permette la fuoriuscita degli stessi.
Questa è l'esemplificazione di un ciclo di compressione del Comprex Brown-Boveri.
Attualmente il Comprex è stato praticamente accantonato: colpa del rendimento, che non raggiunge quello di un turbocompressore, e "dell'inquinamento" dell'aria d'aspirazione ad opera dei gas di scarico, che ne sconsigliano l'uso sui motori a benzina, limitandone, quindi l'installazione sui Diesel. Peccato che, per i Diesel funziona già ottimamente il turbocompressore.

Qualsiasi tipo di sovralimentazione meccanica oltre a comprimere, riscalda l'aria d'aspirazione. L'entità del riscaldamento dipende dal grado di sovralimentazione. Per evitare di alimentare il motore con aria eccessivamente calda (che ne riduce il rendimento) sono in uso i cosiddetti "intercooler" ovvero, degli scambiatori di calore il cui compito è liberare la massa d'aria compressa del calore in eccesso che, con un sistema identico a quello del radiatore, viene ceduto ad altre sostanze (in genere aria o acqua).

LA SOVRALIMENTAZIONE CHIMICA
C'è un sistema per aumentare la quantità di ossigeno nella camera di combustione, evitando tutti i rimedi finora descritti. Ovvero, "creando" il prezioso comburente all'interno della camera di combustione, tramite l'iniezione di protossido d'azoto. Ogni molecola di questo gas è composta da due atomi di azoto legati ad uno di ossigeno, la formula è N2O. Quando viene immesso, attraverso opportuni diffusori, nel collettore d'aspirazione e, quindi, nella camera di combustione, a causa delle alte temperature le molecole di protossido di azoto reagiscono tra loro a coppie. Ovviamente, se una molecola di protossido di azoto contiene due atomi di azoto ed uno di ossigeno, due molecole conterranno quattro atomi di azoto e due atomi di ossigeno.
Nella reazione ad alta temperatura gli atomi rompono i legami molecolari e dalle due molecole di protossido d'azoto (N2O + N2O) nascono due molecole di azoto puro (N2 + N2) e una molecola di ossigeno puro (O2).
Va da se, quindi, che l'iniezione di protossido di azoto non fa altro che fornire chimicamente ulteriore comburente al motore in rapporto di una molecola di ossigeno ogni due molecole di azoto. Adeguando, quindi, la mandata di carburante è possibile ottenere un sensibile aumento della potenza e dell'elasticità.
Purtroppo il protossido di azoto attualmente è stivato in bombole da dieci chili l'una, sufficienti a un utilizzo continuativo per meno un quarto d'ora (su un motore di circa due litri di cilindrata). Quindi, purtroppo, pur tralasciando le voci relative ai costi del gas e alla (poca) funzionalità intrinseca del sistema, non è ancora possibile ottenere un motore permanentemente sovralimentato chimicamente e questo ha limitato l'utilizzo dell'iniezione supplementare di protossido al solo campo delle elaborazioni spinte e delle gare di accelerazione.

Autore: Salvatore Loiacono
 
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